History


I pupazzi Rosebonbon erano e sono ancora mitici, hanno vestiti particolari e occhi teneri! Ma partiamo dall’inizio:

L’azienda che li fabbricava era la giapponese Sankyo che, relativamente alla distribuzione in Italia, si appoggiava alla Fiba. La data in cui si vedono i primi Rosebonbon, si aggira intorno al 1981. Il pupazzo si presentava con parti in morbido vinile, le classiche guance rosse e teneri occhietti.

La particolarità che li contraddistingueva era nel fatto che, se distesi, i Rosebonbon chiudevano gli occhi; inoltre potevano mettere il dito in bocca, così come un piccolo neonato.

Il classico e morbido “cappottino” di peluche a forma di animaletto che indossavano (per di più removibile), completava la rappresentazione di questo straordinario pupazzo. Ad oggi il Rosebonbon si trova al museo dei giocattoli di Canneto sull’Oglio e, su internet, c’è ancora qualcuno che lo vende!

Leggiamo un pò di storia, presa da alcune fonti su internet!

In particolare troverete:

- Un articolo del Museo del Giocattolo di Canneto sull'Oglio (Mantova)

- Un articolo di Bambole Italiane.com

- Un articolo del Corriere della Sera

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Articolo scritto su Museo del Giocattolo - Canneto sull'Oglio (Mantova)

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La F.I.B.A. (Fabbrica Italiana Giocattoli e Affini) inizia la propria attività verso la fine degli anni ’40: la lavorazione parte da una piccola segheria che affianca alla lavorazione del legno anche la produzione di costruzioni, piccole fisarmoniche giocattolo e bambole con corpo in cartone pressato e arti in stoffa imbottiti con trucioli prima e, successivamente, in vipla imbottita con ovatta. Intorno al 1951 l’azienda viene rilevata da Pietro Sacchi, che si associa con Lavinia Gorni (alla quale subentrerà il figlio Giacomo Pancera) e prosegue con la sola produzione di bambole. A metà degli anni ’50 la F.I.B.A. produce bambole in polistirolo e in politene mentre, nei primi anni ’60, inserisce nei processi produttivi il vinile. Dai neonati alle damine (che un tempo si usava mettere al centro del letto), la F.I.B.A. è andata via via affermandosi sempre più sul mercato inter-nazionale proponendo sempre nuove e originali bambole. Tra le centinaia di modelli presentati, citiamo, nel 1973, la serie dei Simpaticoni, bambo­le in vinile e capelli in peluche con simpatici visetti. Nel 1975 è la volta di Miko, quattro piccole bambole, con altrettante diverse espressioni, contenute in una tasca in jeans sul quale era indicato l’umore della bambola in questione: “Sono felice“, “Sono arrabbiata”, “Sono su di giri”“Sono disperata”. Nel 1976 escono i Contestatori, bambole tascabili che innalzano cartelli su cui sono riportate scritte come “Abbasso la scuola!” o “Sono una femminista!”.

Nel 1981, invece, F.I.B.A. firma il famosissimo Rosebonbon, realizzato dalla scultrice giapponese Midori Vatanabe. Prodotto in milioni di pezzi, questo “bambolotto animalotto” era un neonato con costume da orsetto, pecora o scimmietta; prodotto in diverse dimensioni, fu pubblicizzato nelle prime TV commerciali e conobbe un successo enorme. “Un altro articolo che ebbe molta fortuna – racconta Bruno Sacchi (che nel frattempo era subentrato al padre Pietro nella gestione dell’azienda, sempre in società con Giacomo Pancera) – furono le bambole foto-luminescenti. Per oltre dieci anni, pur cambiando quasi ogni stagione nome (Fotoluccioli, Luminelli, eccetera), sca-tola o abbigliamento, queste bambo-le hanno conosciuto un mercato molto vasto: aggiungendo un prodotto lu-minescente – completamente atos-sico – al vinile, si avevo bambole che al buio si illuminavano”. Nel 1990, Bruno Sacchi – affascinato da analoghe produzioni tedesche – inserisce nei cataloghi della sua azienda, affiancate alle bambole tradizionali, le bambole da collezione della linea FIBA Collection.

Si tratta di bambole d’alta fattura, costruite con materiali di qualità superiore ed abbigliate con abiti ricchissimi, sia nelle forme che nei tessuti e destinate al collezio-nismo, tanto da essere prodotte in numero limitato e certificato. Per fare queste bambole si rivoluzionò, in un certo senso, il concetto sino ad ora applicato al vinile, che “doveva” essere morbido al tatto (tant’è vero che, nelle aziende cannetesi, si usava la parola “morbido” per definire il PVC), e si cominciò a produrre un vinile estremamente rigido.

Sempre ispirandosi alle antiche produzioni, sono state prodotte anche bambole con testa e arti in legno: qui i diversi pezzi della bambola venivano realizzati al pantografo (era una ditta gardenese a produrli) su modelli originali F.I.B.A. La F.I.B.A. ha cessato la propria attività nel 1999.


Fiba Logo 1

1 – Marchio della F.I.B.A., la ditta cannetese “Dove nascono le bambole”, slogan che l’ha accompagnata per tutta la sua vita. Dagli anni ’60 i suoi prodotti hanno questo marchio, mentre teste e busti riportano la semplice scritta FIBA-ITALY, che veniva incisa sul modello in cera realizzato dallo scultore. Si passò poi all’uso di un punzone che veniva impresso su di una piccola lastra in piombo. Il piombo così inciso veniva quindi ritagliato e incollato sulla testa in cera.


Fiba Logo 2

2 – Il marchio dell’azienda ha conosciuto molte evo-luzioni e, dagli anni ’80, troviamo la scritta FIBA, in grande, talvolta sormontata dal disegno del marchio originario, ma racchiuso in un quadrato.


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Articolo scritto su Bambole Italiane . com

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F.I.B.A. Fabbrica Italiana Bambole e Affini

di Piera Micheletti

(pubblicato su La Bacchetta Magica N° 52 - giugno 2004)

Grazie alla collaborazione della gentile signora Paola Beretta, curatrice del Museo del giocattolo di Canneto s/Oglio, ed a alcuni documenti in nostre mani, possiamo finalmente raccontarvi la storia di questa nota azienda cannetese.
La FIBA sorse al finale degli anni ’40 a cura del signor Pietro Sacchi. La produzione iniziale riguardava, fedele alla linea locale, cavalli a dondolo e bambole in cartone pressato. Solo sul finire degli anni ’50, con il sopravvento dei materiali plastici, predominò la produzione della bambola. Poco sappiamo di queste bambole; possiamo però contare con una preziosa, seppure scolorita testimonianza di vecchi cataloghi degli anni 1961 e 1963. La linea seguita, com’era di moda allora era diversificata: bambole abbigliate da damine, da bambini, ed in abiti tradizionali. Il materiale usato all’inizio fu il polistirolo, dal 1961 il polietilene a cui fece seguito il vinile.

Grande successo ebbe nel 1963 la serie dei “Simpaticoni”, bambole in vinile con capigliatura in peluche e musetti simpatici. Nel 1975 è la volta di “Miko”, quattro espressive bamboline contenute in una tasca in jeans: Felice, Arrabbiata, Su di giri, Disperata.
Nel 1976 appaiono i “Contestatori” che, seppure di dimensione tascabile, non esitavano a esibire, fedeli ai tempi, cartelli con la scritta “Abbasso la scuola” o “Sono una femminista”.
Nel 1981 fu accolta da grande esito la presentazione di “Rosenbon, il bambolotto animaletto” che, con volto di neonato e costume in peluche da orsetto, pecora, scimmietta e in diverse taglie, si affacciò numeroso sul mercato con la produzione di ben un milione di pezzi.

Fiba Pupazzo

Con la flessione della produzione di massa della bambola “made in Italy” la FIBA, come altre aziende cannetesi, si dedicò, agli inizi degli anni ’90, alla produzione di bambole da collezione.
“La magia della bambola della nonna ritorna intatta, con lo stesso fascino dei cari oggetti –fatti come si deve- di una volta: con quel gusto e quella ricchezza, leggendarie, perdute ormai nella memoria dei tempi”. Da un catalogo FIBA.

Per il volto-busto e gli arti sin usava un vinile duro molto levigato con effetto biscuit e tessuto imbottito per la parte restante. Il trucco e le pettinature venivano affidate a mani esperte. Per il guardaroba e gli accessori si sceglievano tessuti pregiati. Le scarpette erano naturalmente in cuoio. Le bambole venivano vendute accompagnate da un certificato numerato di autenticità, in eleganti scatole di cartone decorate con rose. La FIBA chiuse i battenti nel dicembre del 1998.
Il canto del cigno?


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Articolo scritto su Corriere.it (1999) che parla della triste chiusura della FIBA

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Addio alle bambole made in Italy

Chiude l' ultima fabbrica: troppo forte la concorrenza dell' Estremo Oriente Anche la Fiba getta la spugna Qui un minuto di lavoro costa 500 lire, in Cina e Corea solo 6

----------------------------------------------------------------- CANNETO SULL' OGLIO / Finisce una tradizione. Le aziende mantovane puntano su altri giochi e sui mobili da giardino Addio alle bambole made in Italy Chiude l' ultima fabbrica: troppo forte la concorrenza dell' Estremo Oriente Anche la Fiba getta la spugna Qui un minuto di lavoro costa 500 lire, in Cina e Corea solo 6 DAL NOSTRO INVIATO CANNETO SULL' OGLIO (Mantova) - L' Italia dice addio alle bambole, con qualche rimpianto, ma senza esitazioni. Dopo decenni di onorato servizio, Canneto sull' Oglio, paese di quattromila persone a meta' strada tra Mantova e Cremona, deve assistere impotente all' ammainabandiera dell' ultima azienda specializzata nella produzione delle bambole: la Fiba ha dovuto cedere alla spietata concorrenza dell' Estremo Oriente. La societa' e' stata messa in liquidazione e la catena di produzione, da dove uscivano bambole da collezione non piu' adatte ai bruschi maneggi delle bambine, adesso e' ferma. I dirigenti della Fiba non commentano, forse sconfortati dai tanti sforzi fatti per restare a galla, tutti risultati vani. Ora a Canneto, sono rimaste solo tre aziende che producono giocattoli; non piu' bambole, ma calciobalilla, cucine di plastica, cesti da basket per bambini. "Per contrastare il basso costo della manodopera dei Paesi dell' Estremo Oriente - dice Vittorio Grazioli, titolare dell' azienda omonima - una delle soluzioni e' puntare sulla diversificazione della produzione. Per esempio, a partire dal ' 75 abbiamo deciso di dividere la nostra attivita' : per sei mesi produciamo giocattoli, poi mobili da giardinaggio". Alle bambole avete preferito altalene e sdraio? "Non e' stata una scelta - spiega Grazioli -. Ho iniziato da artigiano nel ' 63 e dopo 20 anni sono riuscito a comprare la piu' importante azienda italiana per la produzione di bambole, la Furga, nata a Canneto nel 1870. Negli anni ' 70, questa societa' dava lavoro a oltre mille persone: oggi, solo 20 dei miei 500 dipendenti sono impegnati in questo comparto e pensiamo di abbandonare la produzione (e' pari solo all' 1 % dei 130 miliardi di fatturato) entro la fine del 2000". Risultato: le bambole che allieteranno le poche ore che le bimbe italiane non passano davanti alla tv saranno tutte made in Corea, Vietnam, Cina. "Qui, un minuto di lavoro - conclude Grazioli - costa 500 lire contro le 6 dell' Estremo Oriente". Gli altri "giocattolai" di Canneto non producono bambole perche' risentono della potenza di giganti stranieri come i marchi Mattel e, per i giochi elettronici, Nintendo, Sega, Sony. "Siamo partiti nel ' 57 costruendo cavallini e calessi in legno - ricorda Lorenzo Bersani, proprietario della Faiplast, 20 addetti e sei miliardi di fatturato, specializzata nella produzione di giocattoli sportivi -: ora ci salviamo grazie ai cesti da basket prodotti su licenza Usa. Il futuro? Giocattoli ad elevato contenuto tecnologico, difficili da copiare". Anche alla Ginpel (6 dipendenti, 1,6 miliardi di fatturato, giocattoli per carnevale), la musica non cambia: "Resistiamo - ammette Gaetano Borsani -, ma in Italia nascono pochi bimbi e le loro scelte sono condizionate dalla tv". A Canneto, le bambole sono ancora "regine", ma solo del Museo locale. Martino Spadari

Spadari Martino

Pagina 42
(2 febbraio 1999) - Corriere della Sera


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